3 giugno 2008

CHARLIE. Nella prossima vita nascerò bambino e avrò un cane che somiglia a me.


Charlie. Quattro anni appena, genitori sconosciuti.
La famiglia da cui è stato allevato gli ha regalato un pass di sola entrata per il Canile. Ed è lì che lo troverete, domani.
Magari arriverete al Rifugio durante le ore in cui corre libero e guardandolo avrete pure voglia di pensare che si… dopotutto è un Cane felice. Perché basta una traccia da seguire trai sassi, un odore che racconta storie umane e animali e Charlie è rapito: via, verso nuovi lidi e nuove avventure.
Eccolo lì col naso in aria, verso il paese. A immaginare che combinano gli uomini con le loro vite: raccontate da odori, rumori. Fortunati voi, pensa Charlie. Ci toccate e la solitudine non vi resta attaccata alle dita. Randagi, come chi resta senza un Nord suo malgrado, non vi siete sentiti mai. Questo vuoto che lascia senza fiato sull’erba – o fa correre veloci, a sfinimento – deve essere solo dei Cani. Non umano. Altrimenti vorreste darci il vostro meglio. Tenendoci accanto.
Eccolo lì, Charlie. Col naso in aria o in passeggiata nel bosco. Nella prossima vita nascerò bambino – pensa. E avrò un Cane che somiglia a me. Un Cane che mi corre incontro, ogni volta, come fosse la prima dopo cento anni. Che sia la mia ombra anche mentre dormo. Che vegli su di me, sonnecchiandomi ai piedi. E che rimanga li sotto, senza scomporsi, anche quando faccio le puzze. Magari, di nascosto, gli allungherò tutto quello che non mi piace mangiare. Sarò un bambino e mi farà schifo la bistecca.
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