lA NAZIONE
8 GIUGNO 2008
Nove cuccioli nel cassonetto Il proprietario smascherato dal test del dna sui genitori
GROSSETO - Ha gettato nove cagnolini appena nati in un cassonetto pensando di farla franca; invece dopo 18 mesi di indagini, i carabinieri gli hanno recapitato una denuncia per maltrattamenti agli animali. Ad inchiodarlo l’esame del dna che, per la prima volta, è stato utilizzato al fine di stabilire la paternità di una cucciolata. Così, risalendo ai genitori dei cagnolini, non è stato poi difficile arrivare al padrone degli animali. Dei nove meticci finiti nell’immondizia sei non sono riusciti a sopravvivere, tre invece, più robusti degli altri, hanno resistito. E proprio su uno di loro è stato possibile effettuare i test che hanno portato alla certa attribuzione della paternità ed alla denuncia di un commerciante di Scarlino, M. B. di quarantaquattro anni. La storia è cominciata a novembre del 2006, quando i militari della compagnia di Massa Marittima, su segnalazione di un cittadino, trovarono in un cassonetto dei rifiuti a Cerro Balestro, vicino Prata, nove cuccioli meticci, nati da pochissimi giorni. I tre che erano ancora in vita vennero presi in custodia per alcune settimane dal servizio veterinario dell’Asl di Massa Marittima dove ricevettero cure e coccole. Intanto i carabinieri cominciarono a cercare il responsabile di un gesto che aveva suscitato indignazione nella frazione. Venne inizialmente formalizzata una denuncia contro ignoti alla Procura della Repubblica di Grosseto ed il fascicolo finì nelle mani di un magistrato che, visti gli atti e i risultati ottenuti dai militari massetani, ritenne che vi fossero le condizioni per chiedere l’esame del dna. La volontà era quella di effettuare una comparazione con il codice genetico di due animali adulti che, ragionevolmente, si pensava potessero essere i genitori dei cuccioli finiti nel cassonetto. Gli animali, simili ai cagnolini sopravvissuti, erano entrambi costuditi in un recinto del commerciante scarlinese poi denunciato. Nel frattempo però i cuccioli erano cresciuti e nessuno sapeva dire più che fine avvessero fatto. UNA SVOLTA nelle indagini si è avuta quando i carabinieri sono riusciti a scoprire che uno dei tre sopravvissuti era stato adottato da una famiglia che abita ancora a Cupi, nel comune di Scansano. Tanto bastò perché i tecnici dell’istituto zooprofilattico sperimentale di Portici venissero inviati a correre in Toscana per i prelievi.I risultati del test comparato con quelli effettuati sui cani del commerciante non hanno lasciato spazio a dubbi: il cane di Cupi, uno dei tre superstiti del cassonetto, era figlio deella coppia di meticci di proprietà del commerciante scarlinese. LA CONSEGUENZA è stata immediata e scontata: la denuncia contro anonimi, formulata al momento del ritrovamento dei nove cagnolini, è stata sostituita da un atto più circostanziato che accusa il commerciante. Il maltrattamento di animali è un reato previsto dall’articolo 544-ter del codice penale ed è punito con la reclusione da tre mesi a un anno o con la multa da 3mila a 15mila euro. La pena è aumentata della metà se dai maltrattamenti deriva la morte di un animale.
8 GIUGNO 2008
Nove cuccioli nel cassonetto Il proprietario smascherato dal test del dna sui genitori
GROSSETO - Ha gettato nove cagnolini appena nati in un cassonetto pensando di farla franca; invece dopo 18 mesi di indagini, i carabinieri gli hanno recapitato una denuncia per maltrattamenti agli animali. Ad inchiodarlo l’esame del dna che, per la prima volta, è stato utilizzato al fine di stabilire la paternità di una cucciolata. Così, risalendo ai genitori dei cagnolini, non è stato poi difficile arrivare al padrone degli animali. Dei nove meticci finiti nell’immondizia sei non sono riusciti a sopravvivere, tre invece, più robusti degli altri, hanno resistito. E proprio su uno di loro è stato possibile effettuare i test che hanno portato alla certa attribuzione della paternità ed alla denuncia di un commerciante di Scarlino, M. B. di quarantaquattro anni. La storia è cominciata a novembre del 2006, quando i militari della compagnia di Massa Marittima, su segnalazione di un cittadino, trovarono in un cassonetto dei rifiuti a Cerro Balestro, vicino Prata, nove cuccioli meticci, nati da pochissimi giorni. I tre che erano ancora in vita vennero presi in custodia per alcune settimane dal servizio veterinario dell’Asl di Massa Marittima dove ricevettero cure e coccole. Intanto i carabinieri cominciarono a cercare il responsabile di un gesto che aveva suscitato indignazione nella frazione. Venne inizialmente formalizzata una denuncia contro ignoti alla Procura della Repubblica di Grosseto ed il fascicolo finì nelle mani di un magistrato che, visti gli atti e i risultati ottenuti dai militari massetani, ritenne che vi fossero le condizioni per chiedere l’esame del dna. La volontà era quella di effettuare una comparazione con il codice genetico di due animali adulti che, ragionevolmente, si pensava potessero essere i genitori dei cuccioli finiti nel cassonetto. Gli animali, simili ai cagnolini sopravvissuti, erano entrambi costuditi in un recinto del commerciante scarlinese poi denunciato. Nel frattempo però i cuccioli erano cresciuti e nessuno sapeva dire più che fine avvessero fatto. UNA SVOLTA nelle indagini si è avuta quando i carabinieri sono riusciti a scoprire che uno dei tre sopravvissuti era stato adottato da una famiglia che abita ancora a Cupi, nel comune di Scansano. Tanto bastò perché i tecnici dell’istituto zooprofilattico sperimentale di Portici venissero inviati a correre in Toscana per i prelievi.I risultati del test comparato con quelli effettuati sui cani del commerciante non hanno lasciato spazio a dubbi: il cane di Cupi, uno dei tre superstiti del cassonetto, era figlio deella coppia di meticci di proprietà del commerciante scarlinese. LA CONSEGUENZA è stata immediata e scontata: la denuncia contro anonimi, formulata al momento del ritrovamento dei nove cagnolini, è stata sostituita da un atto più circostanziato che accusa il commerciante. Il maltrattamento di animali è un reato previsto dall’articolo 544-ter del codice penale ed è punito con la reclusione da tre mesi a un anno o con la multa da 3mila a 15mila euro. La pena è aumentata della metà se dai maltrattamenti deriva la morte di un animale.
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