9 luglio 2008



LA MIA VITA DA CANI A NEW YORK
di Jonathan Safran Foer




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È facile dimenticare quanto è strano che ci siano dei cani che vivono nella propria città. New York, per esempio, è il luogo più improbabile che si possa immaginare per tenerci un cane, eppure tra di noi ce ne sono ben un milione e quattrocentomila. Ma perché ce li teniamo in casa o nell' appartamento quando ci costano sempre qualche sacrificio e qualche inconveniente? E in ogni caso, è possibile far fare una bella vita a un cane in città e, soprattutto, che cosa significa "una bella vita"? Io ho adottato George (un danese-labrador-pitbull-levriero-boero e molto altro a pelo corto) perché pensavo che sarebbe stato divertente. Le cose sono andate diversamente e molto spesso è davvero un grosso problema. Cerca di montare gli ospiti, mangia i giocattoli di mio figlio e qualche volta cerca di mangiarsi anche lui, è ossessionata dagli scoiattoli, si scaglia contro quelli che passano sullo skateboard, ha quell' abilità particolare che le permette di trovarsi sempre tra la macchina fotografica e il soggetto da fotografare in tutte le fotografie che vengono scattate quando lei è nei paraggi, appoggia il sedere addosso alla persona meno interessata a lei che si trovi nella stessa stanza, strappa da terra qualunque cosa ci sia stata appena piantata, graffia qualunque cosa sia appena stata comprata, lecca qualunque cosa stia per essere servita e, di tanto in tanto, fa i suoi bisogni dalla parte sbagliata della porta di casa. Mentre scrivo è qui, la testa poggiata sul mio piede e io la amo.
I nostri numerosi tentativi - di comunicare, di riconoscere e conciliare i nostri reciproci desideri, di riuscire semplicemente a coesistere - mi obbligano a interagire con qualcosa, con qualcuno anzi, che è completamente "altro" da me. George sa reagire a un certo numero di parole ma la nostra relazione esiste quasi completamente al di fuori del linguaggio. Sembra avere pensieri ed emozioni, desideri e paure. A volte credo di capirli ma spesso non è vero. è un mistero per me. E io devo esserlo per lei. Naturalmente, la nostra relazione non è sempre una lotta. Spesso, la mia passeggiata mattutina con George è il momento migliore della giornata - quando mi vengono le idee migliori, quando riesco ad apprezzare di più sia la natura che la città e, in un senso più profondo, la vita stessa. L' ora che trascorriamo insieme serve un po' a compensare il peso della civiltà: l' abito formale, le e-mail, i soldi, l' etichetta, le mura e le luci artificiali. è persino una specie di compensazione per il linguaggio.
Perché stare a guardare un cane che fa il cane ci riempie di felicità? E perché ci fa sentire umani, nel senso migliore della parola? Spesso sono i bambini che vogliono un cane. In uno studio recente, alla domanda chi fossero i 10 "individui" più importanti della loro vita, i bambini dai 7 ai 10 anni hanno incluso in media due animali domestici. In un altro studio, il 42 per cento dei bambini di 5 anni ha spontaneamente parlato del proprio animale domestico alla domanda: «A chi ti rivolgi quando ti senti triste, arrabbiato, felice o quando vuoi condividere un segreto con qualcuno?». Praticamente tutti i libri per bambini nella libreria del mio quartiere hanno un animale per eroe. Però, solo pochi metri più in là, nel settore libri da cucina, quasi tutti i libri hanno ricette su come cucinarlo, un animale. C' è forse un esempio più illuminante di questo per descrivere il nostro rapporto paradossale con il mondo non umano?
Nel corso della nostra vita ci spostiamo da un rapporto affettuoso e premuroso con gli animali (quando impariamo il senso di responsabilità prendendoci cura dei nostri animali domestici, quando li accarezziamo e ci confidiamo con loro) a uno crudele (praticamente, tutti gli animali allevati come carne da macello in questo paese sono di allevamento, trascorrono la loro vita al chiuso, imbottiti di antibiotici e altre droghe). E questo come lo spiegate? La nostra gentilezza viene sostituita dalla crudeltà? Non credo. Penso che in parte ciò sia dovuto al fatto che più invecchiamo meno stiamo a contatto con gli animali. E nulla più della lontananza facilita un senso di indifferenza e di noncuranza. In questo senso, cani e gatti sono stati molto fortunati: sono gli unici animali alla cui vicinanza ci troviamo esposti ogni giorno. Sia la saggezza popolare che gli studi comportamentali considerano il rapporto tra bambini e animali un fatto benefico. Ma non è necessario essere un bambino per imparare da un animale domestico. Sono proprio le mie frustrazioni con George, e i fastidi che lei mi crea, che rafforzano la mia consapevolezza di quanto il compromesso sia necessario per permetterci di condividere lo spazio con altri esseri. Le ragioni pratiche contro le ore senza guinzaglio si possono confutare fin troppo facilmente. Non bisogna essere un esperto di animali per sapere che più un cane può esercitare la propria "caninità" - correre, giocare, socializzare con gli altri cani - più sarà felice. E i cani felici, come le persone felici, tendono a non essere aggressivi. Negli anni in cui i cani hanno potuto correre liberi nei parchi in città, i loro morsi sono diminuiti del 90 per cento.
Ma c' è un' altra ragione a cui non è così facile replicare: alcune persone non vogliono essere infastidite dai cani e basta. Dare spazio ai cani toglie inevitabilmente spazio agli esseri umani. Sono secoli che discutiamo di questo secondo aspetto della faccenda, in forme più o meno diverse. E ogni volta ci troviamo faccia a faccia con la realtà - qualcuno potrebbe dire con il problema - di dover condividere il nostro spazio con altri esseri viventi, siano cani, alberi, pesci o pinguini. I cani nel parco sono un esempio concreto di qualcosa che spesso è troppo astratta o troppo lontana per meritarsi la nostra attenzione. Da più di tre anni porto George a Prospect Park due volte al giorno eppure il suo modo di correre è ancora una rivelazione per me. Senza sforzo, gioiosa, corre parecchio più veloce dell' uomo più veloce della terra. E più veloce anche, ho scoperto, degli altri cani del parco. George potrebbe davvero essere il più veloce animale terrestre di tutta Brooklyn. Una o due volte ogni mattina, per nessuna ragione apparente, parte a tutta velocità. Gli altri padroni di cani non possono fare a meno di stare a guardarla. Ogni tanto qualcuno la incita a correre più forte. è un gran bello spettacolo.

Jonathan Safran Foer

Articolo apparso nel 2006 sul New York Times –

Tradotto da Valeria Garassini Garrbarino e pubblicato su Repubblica (30-Nov 2006)

L' ultimo libro di Jonathan Safran Foer è "Molto forte, incredibilmente vicino" Ed. Guanda

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